sabato 6 ottobre 2007

DONNINO:INTIME RICOMPOSIZIONI



DONNINO:INTIME RICOMPOSIZIONI
OPERE DI VANIA COCCHI


INAUGURAZIONE VENERDI’ 8 GIUGNO 2007
AMBASCIATA DI MARTE
VIAMANNELLI,2 FIRENZE


Vania Cocchi utilizzando la tecnica del collage nasconde, dietro un lavoro dai tratti apparentemente bambineschi, la commistione di un’arte -e di una intimità- che lentamente si scopre e di una emergenza cromatica tipica di chi in realtà ha nel gesto dell’arte la propria identità. E questa consapevolezza alle volte emerge come in un sogno, altrimenti scompare come sott’acqua in una artista che parallelamente fa affiorare e poi scomparire il compiacimento e il godimento per il proprio lavoro. Abituata negli anni a non pensare a sé sotto il profilo artistico ma sotto quello pratico ed efficiente del lavoro utile socialmente e produttivo, sotto quello dell’essere figlia e compagna, Vania trova nella metodica e istintiva tecnica del collage l’occasione per dar sfogo a ciò che in lei giace, l’occasione per costruire una nuova identità. La prassi del ricercare immagini, del ritagliarle doviziosamente, dello scegliere cartoncini dai toni pastello è un trampolino dal quale gettarsi per assemblare e inventare figure che diventano una critica pungente, ironica, partecipata e affettuosa dell’esser donna e degli stereotipi a questo legati.
La freschezza infantile della tecnica scelta istintivamente da una donna che all’arte si è avvicinata per conoscere se stessa, protegge Vania dal rischio di appartenere alla schiera di chi “è venuto dopo qualcun altro”, al rischio di soccombere a quella povertà di linguaggio e paura di scoprire le proprie peculiarità che spesso imprigionano molti giovani artisti nell’ombra di qualche altro grande. A questo sfugge perché in lei vi è la bambinesca verginità di chi all’arte si avvicina senza nessun pregiudizio, senza nessun programma ma con l’emergenza interiore di dare forma a ciò che negli anni si è addormentato. Ed è così che Sogno ed Inconscio candidamente prendono spunto da una personale esperienza onirica, e con la sicurezza del tratto e del gesto puro nello spazio pittorico si uniscono forme e colori per reificare esperienze che altrimenti cadrebbero perdute.
Il gioco delle opere è nello scoprire, noi spettatori, quanto le immagini che lei seleziona appartengano o meno al nostro bagaglio visivo, quanto queste abbiano in noi una memoria consapevole e quante invece siano di diritto Immagini della Memoria senza che noi si possa per esse creare una storia. E questo perché, come già i maestri della scuola di piazza del Popolo a Roma ci hanno insegnato, la nostra terra e la nostra storia sono imbibite di memoria e l’impregnazione è tale che anche adoperando immagini apparentemente nuove o pubblicitarie non possiamo fare a meno di confrontarci con la nostra cultura nella quale ormai nuove icone effimere e patinate si confondono a immagini decontestualizzate e trasformate, ma che nella loro forma primigenia erano quadri, paesaggi, forme dell’arte.
Vania scopre, e fa a noi scoprire, quanto la scelta di talune immagini non sia affatto casuale, ma frutto di quella formazione visiva che con un sistematico bombardamento retinico dalla prima infanzia forma il nostro senso del bello, del buono, del ritagliabile, dell’incollabile.. E allora il suo pennarello aggiunge e modifica ciò che già il libero arbitrio e l’assemblare hanno riformato: da ciò che apparentemente è confezionato, da ciò che è pensato come arido bene di consumo, da una rivista, lei trae i suoi colori, le sue forme e la sua libertà d’espressione. È la condizione femminile che la ispira maggiormente, anche se dire condizione femminile già nasconde un triste senso di luogo comune e di faccende ormai note. Ecco, è la femminilità che la ispira. Ed è a questa che vuole rendere omaggio, con il meraviglioso dono dell’autoironia che le donne hanno, con il saper coniugare la propria parte bambina e quella ferina per demolire l’immagine che un mondo complice e maschile offre di noi, per poter dire: guardate, sto giocando, avete afferrato di me così poco che le vostre immagini io le smonto , do loro nuova vita attraverso le mani vere di una donna. Tutto questo lo sono gli otto deliziosi e voluttuosi collages carichi di capriccio e critica, che Vania con questa sua prima mostra personale ci regala.

Martina Stoppioni




Ho cominciato a fare collage circa due anni fa, quando nel silenzio della mia cucina, sulla tavola ormai sparecchiata del dopo cena, ho iniziato a ritagliare immagini da giornali, incollare e dipingere, trasferendo sul cartoncino tutte le mie sensazioni, le mie emozioni ed il mio inconscio.
Di inconscio parlo in quanto quasi sempre tali rappresentazioni non sono state pensate ed elaborate preliminarmente, prima cioè della loro realizzazione, ma sono nate in maniera del tutto spontanea, senza razionalizzare una situazione, un paesaggio, un soggetto. Normalmente infatti è solo dopo aver finito il lavoro che vi trovo il significato; è un po’ come se interpretassi gli angoli più nascosti di me, dandogli poi una spiegazione.
Da tempo avvertivo il bisogno di creare qualcosa, di indirizzare la mia creatività latente; avevo bisogno di elaborare qualcosa con le mie mani. Per moltissimo tempo non ho saputo come, poi piano piano, nella fase di relax della sera, ho iniziato prendendo un pezzo di cartone avanzato a fare dei disegni e ad appiccicare soggetti presi da una rivista.
In questi momenti tutti miei, completamente liberi da pensieri, da obblighi e dal razionale andamento del quotidiano, libero la mente e “sfogo” tutta la mia passione, libertà, creatività in questi collages. Sono una persona che è sempre stata abituata negli anni a non pensare a se sotto il profilo artistico ma solo sotto quello pratico ed efficiente del lavoro utile socialmente e produttivo.
Il nome di “collage” l’ho dato con l’andare del tempo in quanto non avendo mai pensato ad una tecnica specifica e non avendo neppure mai fatto studi inerenti l’arte e la pittura, mi sembrava il più appropriato. In occasione di questa mostra i lavori che espongo sono: Sogno, che prende spunto da una personale esperienza onirica, La Donna, espressione di femminilità; Matrimonio, rappresentazione del nascere e morire di una coppia; Vanità, mio primo collage, insieme inquietante ed ironico; Im-mobili e Lo sguardo, ovvero i primi passi che ho mosso nell’esplorazione della mia creatività: Eternità ed Inconscio, ultimi lavori realizzati cronologicamente e frutto di una sempre più piena consapevolezza della gioia e della libertà d’espressione che regala la coerenza nel seguire la propria indole.
Grazie,

Vania Cocchi

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